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L'ANTICRISTO - Racconto breve di Luciano Cetrullo

L'ANTICRISTO, racconto breve di Luciano Cetrullo

Quaranta anni fa circa, all'età di diciassette anni, durante il corso liceale, tra mille influenze letterarie e stilistiche, elaborai un racconto breve dai contenuti fortemente attuali.  Il curioso e gradito ritrovamento, tra le mie mille scartoffie, di uno scritto giovanile denso di contenuti mistici e di anelante speranza per un mondo migliore, un mondo di pace.

Condividerlo con l'uditorio universale del web appare quindi utile per promuovere, con fanciullesca genuinità, analoga speranza in questo difficile momento dell'umanità.

(Luciano Cetrullo)



ELEZIONI POLITICHE 2022: LE RAGIONI DELLA VITTORIA E DELLA SCONFITTA


L'analisi degli esiti elettorali evidenziano aspetti di particolare novità, ma anche la necessità per alcuni partiti di riflettere e riconsiderare il proprio progetto politico.


I risultati di questa ultima tornata elettorale hanno evidenziato nel mondo politico alcuni chiari elementi di continuità ed altri di evidente discontinuità.

L’innegabile elemento di novità più visibile, ma che non tutti i commentatori tendono a rilevare, è quello della vittoria di genere, cioè della vittoria politica di una donna a capo di un partito e di una coalizione elettorale, che dovrebbe assumere anche il ruolo, per la prima volta in Italia, di Presidente del Consiglio.    Un bel traguardo sicuramente da apprezzare al di là di ogni superflua distinzione.

Un altro aspetto sicuramente in controtendenza con gli esiti delle precedenti elezioni è rappresentato dal risultato netto con cui è stata premiata la coalizione di centrodestra e il partito capofila di Fratelli d’Italia.  Un risultato che determina, con l’applicazione del “rosatellum”, cioè dell’attuale sistema elettorale, un’ampia maggioranza in parlamento sicuramente utile per una stabilità di governo, ma che – diversamente e fortunatamente – non permette la modifica unilaterale della Carta costituzionale.

Un buon numero di elettori, che hanno ancora una volta sentito il richiamo dell’impegno elettorale e non sono rimasti a casa, hanno ritenuto di votare la coerenza delle posizioni politiche e la semplicità della proposta stessa.

FdI ha raccolto un ottimo risultato determinato dalla scelta di non appoggiare il governo Draghi e di restare sola a fare una opposizione istituzionale, mentre il M5S ha arginato la perdita di consensi orientando nelle ultime settimane favorevolmente la propria proposta politica e di recupero di immagine sul doppio filone del reddito di cittadinanza e del rinnovamento della propria classe dirigente (con la regola riconfermata dei due mandati).

Diversamente, su altri lidi, appare evidente che sia stata fortemente ridimensionata la Lega di Salvini che paga il prezzo sì della partecipazione responsabile al governo Draghi, ma anche e soprattutto dell’allontanamento dalle istanze originarie federaliste ed autonomiste.  Del resto era evidente che prima o poi il programma politico neonazionalista di Salvini si scontrasse con quello della destra storica, più radicata nel sud Italia.   Il risultato elettorale del 9% spingerà la Lega a concludere l’esperienza nazionalista per ritornare a quella federalista di matrice padana?  Staremo a vedere. 

Ma come si sarebbe detto un tempo “se Atene piange, Sparta non ride”, cioè analogo percorso di riflessione si dovrà avviare nel campo ristretto del centro sinistra e soprattutto in quello del PD.

I partiti della c.d. sinistra radicale non sono più di moda ed ottengono consensi risicati, evidenziando l’incapacità di esprimere una alternativa politica credibile attuale e non meramente simbolica ed identitaria.

I partiti “terzopolisti” riconquistano microconsensi elettorali che servono appena a far dire che esiste ancora un mondo “liberal” ovvero “conservator-progressista” (scusate l’ossimoro).    Niente di più, se al contrario si pensava di essere l’ago della bilancia o addirittura il perno per la ricostituzione di un centro moderato catalizzante di democristiana memoria, rispetto all’attuale assetto bipolare.

Ma, dulcis in fundo, il Partito Democratico, pur posizionandosi al secondo posto tra quelli più votati, si trova di fronte ad una grande crisi di identità e di consenso; direi di più, quasi di fronte al rischio di una scissione tra le sensibilità fondatrici originarie: quella riformista post-comunista e quella popolare post-democristiana.

Del resto, chi conosce dall’interno il PD sa bene che le c.d. "sensibilità" esistenti condizionano fortemente la costruzione della linea politica ai vari livelli e limitano lo sviluppo di valori identitari univoci e generalmente condivisi.

Il trend elettorale nel corso degli anni è andato calando, evidenziando di fatto l’incapacità di ridestare passione tra i propri militanti ed interesse all’interno di molti strati della popolazione.

Colpisce vedere la contraddizione tra i risultati positivi di Milano città e quelli che invece vengono fuori dalle urne delle periferie e dei comuni dell’hinterland metropolitano.  Una dicotomia assoluta rappresentativa della difficoltà di comprendere e farsi comprendere dagli strati più umili della popolazione, da quelli che non ce la fanno.    Nessuno si stupisca quando il PD viene allora rappresentato come il partito della borghesia, come un partito borghese, certo responsabile e perbene, che però non sa più parlare alle persone nelle strade, ma soltanto nei convegni, nei seminari e nei salotti buoni.

Questo malcelato comportamento classista correlato ad atteggiamenti radical chic hanno finito per depotenziare la proposta politica del PD di renderla settaria e monodirezionale.  Resta ora da capire se questo atteggiamento sia reversibile ovvero abbia ormai prodotto una mutazione genetica del DNA del Partito Democratico tale da dover riconsiderare il suo blocco sociale ed elettorale in una società complessa e diversificata come l’attuale.

Tuttavia, quello che si chiude con questi risultati elettorali è l’idea sempre viva della c.d. “vocazione maggioritaria” che a giorni alterni imperversa nei dibattiti interni del PD.  Ebbene dalla visione “tolemaica” dove si pensava di essere il centro di rilevanza dell’universo politico e degli orbitali astrali,  la sonora sconfitta – con parte del proprio elettorato storico che rivolge il consenso da una parte al partito di Calenda e Renzi e dall’altra al M5S – ci riporta a terra e ad assaporare il sapore amaro della sconfitta.

In molti hanno detto che tutto ciò può rappresentare una palingenesi da sviluppare anche mediante il ritorno ad una sana opposizione in parlamento.   Può darsi, ma appare evidente che da domani bisognerà ricostruire con grande umiltà, mattone dopo mattone, la casa della sinistra italiana.

Infine, appare veramente di cattivo gusto aver dovuto osservare alla presa di posizione di vari esponenti del partito, già pronti a prendere il posto del segretario nazionale Enrico Letta, un minuto dopo le sue dichiarazioni di ritiro della sua candidatura al prossimo congresso.    Un’offesa verso tutto il popolo democratico dei militanti e dei simpatizzanti che vorrebbero invece l’apertura di una grande fase rifondatrice basata sui contenuti e non sulle autoreferenzialità.

Del resto tutto ciò è la prova provata dell’incapacità per alcuni di apprendere dagli errori del passato e riproporre con nonchalance dei comportamenti inadeguati; si pensi alle motivazioni sottese alle dimissioni di Nicola Zingaretti, intorno alle quali tutto e tutti all’interno del PD fecero finta di niente.

L’auspicio finale è che il Partito Democratico ritorni ad essere il riferimento paradigmatico per una sinistra tutta da ricostruire, nell’intera sua ampiezza e declinazione: riformista, progressista, radicale, ambientalista, popolare, liberale ed antifascista. 


28.09.2022 Cordialmente,        F.to  Luciano Cetrullo

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