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CONSIGLIO COMUNALE ED EMENDAMENTI AL PGT
Dimissioni dell'Assessore Vincenzo Barbarisi
Dimissioni dell'Assessore Barbarisi. Alcune considerazioni.
Intervento del Consigliere Luciano Cetrullo al Consiglio Comunale del 28.05.2012
Consiglio Comunale in seduta aperta alla cittadinanza convocato sul seguente ordine del giorno:
Condanna del vile attentato all'Istituto Professionale di stato "Francesca Laura Morvillo Falcone" di Brindisi
L'uomo, come diceva il filosofo Hobbes, è un lupo in mezzo a tanti lupi. Tuttavia, anche i lupi e gli altri animali più feroci non arrivano al punto più basso della ferinità raggiunto da chi si è macchiato dell'atroce delitto di Melissa a Brindisi.
Non conosciamo ancora la matrice dell'atto criminoso, ma l'aver colpito dei giovani in un luogo per noi "sacro" come la scuola, fa di questo doloroso evento un momento emblematico di aggravamento del livello criminoso in Italia. Davanti a queste cose però non basta l'indignazione o la rappresentazione dello sdegno collettivo. Davanti a queste cose ed alle tante brutture dell'esistenza attuale - dove assistiamo alla recrudescenza di mille violenze, piccole e grandi - che si ripetono troppo spesso nei confronti dei più deboli, non basta la solidarietà ed il cordoglio, in molti casi di stile e neanche molto sentiti. Non basta la ritualità postuma dello sdegno delle istituzioni. Davati alla violenza ed alla efferatezza di gesti come quelli di Brindisi, ci vogliono delle risposte vere, reali, che la politica deve dare ai cittadini.
Le istituzioni costruiscono troppo spesso "risposte a tavolino", la politica esprime troppo spesso paroloni, inveisce con proclami, esorta alla legalità, alla difesa dei principi della democrazia.
Però, però, cosa fa fa in realtà la politica? Secondo me fa troppo poco, poco nel dare risposte concrete ad un crescente bisogno di certezze. basta, quindi, con i proclami, basta con gli arzigogoli linguistici, che nascondono spesso una falsa indignazione. Basta con il rincrescimento peloso.
Ma bisogna principalmente dire basta alla politica del "dire", a quella delle sole parole. Mai come ora i cittadini vogliono dalle istituzioni fatti, risposte; diversamente, se non si hanno risposte si rimanga in silenzio.
Tutto questo, se vogliamo, mio semplice ragionamento non è la rappresentazione di una visione neo-populista.
E' o perlomeno dovrebbe essere la vera "stella polare" verso cui orientare tutta l'azione di chi ha un mandato pubblico o un ruolo istituzionale.
Credetemi, anche la legalità si proclama e si diffonde attraverso l'esempio. E la politica, su questo, deve ancora dare il suo esempio.
La legalità si nutre di buoni esempi e non di fritte e rifritte parole sterili.
Credetemi, bisogna fare di più! Senza essere eroi.
CONVOCAZIONE CONSIGLIO COMUNALE 30.05.2011
INTERVENTO DEL CONSIGLIERE LUCIANO CETRULLO SUL TEMA DEL 150° ANNO DELL'UNITA' D'ITALIA
Grazie signor Presidente.
Un cordiale e sincero saluto lo rivolgo ai Consiglieri presenti, al Sindaco, agli Assessori, e - in modo particolare - alle cittadine ed ai cittadini che hanno avvertito l’importanza di essere presenti questa sera.
L’incontro di oggi, il primo del 2011, ha come punto all’ordine del giorno, il tema dell’unità d’Italia a 150 anni dal suo compimento.
Un tema che troppo spesso, nel corso dei decenni, è stato abusato, utilizzato o semplicemente stiracchiato dalle varie forze politiche, per ragioni, troppo spesso di parte e strumentali.
Tuttavia, le riflessioni che si alterneranno questa serata non possono non tenere conto delle affermazioni fatte alcuni giorni fa dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il quale - aprendo le celebrazioni a Reggio Emilia - ha insistito sulla necessità di rinsaldare e rafforzare il sentimento di unità nazionale, per il quale tanti italiani hanno dato la vita.
In questo senso, lo stesso Presidente ha rivolto, citandolo testualmente: “un vivo incitamento a tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione, a tutti coloro che hanno responsabilità nelle istituzioni nazionali regionali e locali, perché nei prossimi mesi, al Sud, al Centro come al Nord, si impegnino a fondo nelle iniziative per il centocinquantenario, così da rendere davvero ampia e profonda la proiezione tra i cittadini e la partecipazione degli stessi, in rapporto a una ricorrenza da tradurre in occasione di rafforzamento della comune consapevolezza delle nostre responsabilità nazionali”.
Inoltre, lo stesso presidente Napolitano, rivolgendosi a quelle forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica su piano nazionale e lo hanno in misura rilevante in una parte del Paese, afferma che “il ritrarsi, o il trattenere le istituzioni, dall'impegno per il 150°, che è impegno a rafforzare le condizioni soggettive di un'efficace guida del Paese, non giova a nessuno. Non giova a rendere più persuasive, potendo invece solo indebolirle, legittime istanze di riforma federalistica e di generale rinnovamento dello Stato democratico”
L’occasione del 150° anniversario dell’unità, quindi ad una distanza temporale maggiore rispetto alle precedenti ricorrenze del 50° e 100° anniversario, deve assumere anche il momento per una riconsiderazione critica del Risorgimento, del moto unitario e della modalità con cui è stato costruito lo stato unitario. Una retrospettiva, comunque, da non instradare sui binari sterili delle recriminazioni, ma, piuttosto, sugli effetti determinanti dell’avanzamento storico e sociale di un territorio, che - mediante l’unificazione - è stato capace di realizzare, in relativo poco tempo, l’attuale modello di nazione, basato su forti radici democratiche.
Ormai è innegabile che l’Italia nasce solo – formalmente - nel 1861; di fatto, tralasciando gli aneliti culturali dei secoli precedenti, la visione unitaria prende corpo e si propaga nel primo Ottocento, dapprima tra un élité di intellettuali e poi, sempre più, coinvolgendo strati diversi della popolazione, che aderiscono alle rivoluzioni nazionali degli anni trenta e quaranta dello stesso secolo.
Ma, storicamente l’Unità d’Italia si caratterizza emblematicamente con l’impresa garibaldina dei “Mille”, dai connotati inizialmente rivoluzionari e repubblicani, presto riassorbiti all’interno dell’azione strategica di annessione da parte della monarchia sabauda, sapientemente condotta dall’influente opera di real politik del Cavour. Un percorso di unificazione che si suggella con il sangue versato dai soldati provenienti da ogni parte della nazione durante la prima guerra mondiale per la completa riunificazione territoriale e che trova il momento della sintesi apologetica con la Resistenza e la liberazione dal nazifascismo e, di lì a poco, con l’abbandono della monarchia.
L’Italia nei decenni successivi, al di là di molte contraddizioni ed errori, è andata avanti nel progresso civile e sociale, e questo, è stato fatto - insieme - dalle genti del sud, del centro e del nord.
La difficile situazione del momento non deve essere motivo di rottura di un legame, di un patto sociale tra i cittadini, bensì deve spingere tutti verso una riaffermazione dei valori della civile coesistenza all’interno di un quadro nazionale sicuramente più composito del passato.
Solo una Italia unita, inserita validamente all’interno della più grande nazione europea, potrà affrontare le sfide del futuro: il progresso civile ed economico, il miglioramento delle condizioni di vita e lavorative, l’innovazione, nonché l’affermazione - continua - dei principi di legalità, libertà, uguaglianza, solidarietà e democrazia.
La scelta della forma democratica repubblicana di tipo parlamentare, sancita nel 1946, rispetto a quella monarchico costituzionale, da 65 anni caratterizza tra alti e bassi la nostra storia recente. Questa scelta, che accomuna la maggior parte delle attuali società civili, rappresenta ancora un simbolo di “prossimità” rispetto alle istanze dei cittadini, la rappresentazione possibile, per gli stessi, di poter accedere al governo della nazione, senza alcuna differenza.
Ma da qualche tempo è stato fatto un ulteriore passo avanti nelle coscienze e nella rielaborazione del modello organizzativo delle istituzioni statali, con il riconoscimento della “prossimità delle risposte” ai bisogni e del “decentramento” amministrativo. Un decentramento che non può e non deve intaccare il senso comune di appartenenza ad una nazione; che non deve limitare l’accesso e l’equanime fruibilità dei servizi collettivi primari, di natura universalistica, come la salute, la scuola, la giustizia.
Un decentramento solidale che possa stimolare le specificità e la vocazione di ciascuna delle splendide regioni italiane, in modo anche da recuperare e superare gap storici.
Le istituzioni e coloro che le rappresentano a tutti i livelli nazionali e locali devono avvertire il significato del momento che stiamo vivendo, ed esprimere un forte messaggio di coesione, di rispetto etico dei principi democratici e delle istituzioni.
Solo dando risposte concrete ed autentiche riusciremo a superare le innumerevoli sfide che ogni giorno si presentano. Solo così, alla fine del mandato, ciascuno di noi potrà dire di aver fatto del proprio meglio per la nostra città e per la nostra Patria.
Luciano Cetrullo